L’opera si ispira al personaggio di Giuditta narrato nel Canto XXXII del Paradiso della Divina Commedia
Affetto al suo piacer, quel contemplante
libero officio di dottore assunse,
e cominciò queste parole sante:3
«La piaga che Maria richiuse e unse,
quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi
è colei che l’aperse e che la punse.6
Ne l’ordine che fanno i terzi sedi,
siede Rachel di sotto da costei
con Bëatrice, sì come tu vedi.9
Sarra e Rebecca, Iudìt e colei
che fu bisava al cantor che per doglia
del fallo disse ’Miserere mei’,12
puoi tu veder così di soglia in soglia
giù digradar, com’ io ch’a proprio nome
vo per la rosa giù di foglia in foglia.15
San Bernardo mostra a Dante, ai piedi di Maria, la bellissima Eva; nell’ordine sottostante (il terzo dall’alto) siedono Rachele e Beatrice. Via via, scendendo di gradino in gradino, si incontrano Sara, Rebecca, Giuditta, Ruth, antenata di Davide. Altre Ebree sedute l’una sotto l’altra nei gradini ancora più bassi costituiscono una linea di separazione nella rosa.
Giuditta è un personaggio biblico, eroina del popolo ebraico.
Le imprese di Giuditta sono narrate nel libro omonimo che fa parte dei testi deuterocanonici, ovvero esclusi dal canone della Religione Ebraica (e pertanto considerati apocrifi dalle Chiese Protestanti), ma accettati come canonici dalla Chiesa Cattolica e quella Ortodossa.
Giuditta liberò la città di Betulia assediata dagli Assiri del re Nabucodonosor. Della sua bellezza si invaghì Oloferne, loro generale, il quale la trattenne con sé al banchetto; vistolo ubriaco, Giuditta gli tagliò la testa con la sua stessa spada e poi ritornò nella città. Gli Assiri, trovato morto il loro condottiero, furono presi dal panico e facilmente messi in fuga dai Giudei.
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