Ispirato alla leggenda del leone bianco
“Durante il regno della regina Numbi (sovrana delle terre che si estendevano lungo i fiumi Sabi e Timbavati), una sfera di luce proveniente dal cielo cadde sulla terra. La regina era vecchia e inferma, ma volle ugualmente vedere la sfera misteriosa e quando vi si avvicinò venne inghiottita dalla sua luce. Quando la sfera luminosa risputò la regina, questa apparve in salute e piena di energie. Essa raccontò di avere incontrato all’interno della palla luminosa creature risplendenti di luce che l’avevano guarita da ogni malanno, Dei o spiriti mandati in terra da qualche divinità.
La sfera se ne tornò in cielo scomparendo e nel regno della regina accaddero fatti strani: nacquero vitelli con due teste, antilopi bianche e leoni dal manto bianco e dagli occhi verdi.”
Così narra la leggenda e da secoli i leoni bianchi sono considerati messaggeri divini dai Sangoma del Timbavati. Sebbene il primo avvistamento effettuato da un europeo sia avvenuto soltanto nel 1938, già da 400 anni in Africa australe si narrava dell’esistenza del leone bianco. I leoni bianchi del Timbavati, da sempre rarissimi, non sono da considerarsi una sottospecie del leone africano e non sono neppure casi di albinismo. Contrariamente agli individui albini, infatti, i leoni bianchi non presentano il caratteristico colore rosso negli occhi e nelle labbra, ma hanno occhi verdi/azzurri come gli altri leoni dal manto fulvo. Essi appartengono alla sottospecie di leone, il leone del Kruger . Il leone (in particolare il leone maschio) ha sempre esercitato un grande fascino sull’uomo. In numerose culture, esso viene usato come simbolo di virtù e qualità positive come forza, fierezza, maestosità, nobiltà e coraggio. La similitudine con il leone, usata per lodare i potenti e gli eroi, è una della più usate di tutti i tempi, dall’Achille di Omero al feldmaresciallo austriaco Borojević detto il “leone dell’Isonzo”.
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