Il titolo del quadro allude al film uscito nel 1962 che ha visto come protagonista la nota attrice Anna Magnani. Assistendo al matrimonio dell’uomo che sinora l’ha sfruttata, Carmine, con una contadina, Mamma Roma (Anna Magnani) matura la decisione di ritirarsi a vita privata, di metter su un banco di ortolana e di dedicarsi al figliolo, Ettore, un selvatico ragazzo di diciassette anni che se ne infischia della madre e ha già la vocazione del ladruncolo. Vuole dargli un’educazione, seguirlo e fargli intraprendere il percorso migliore. I sogni di Mamma Roma non si realizzano. Carmine torna, stanco della moglie contadina e la costringe a riprendere quella vita così poco dignitosa. Prova a ribellarsi ma lui la colpisce nel punto più debole: se lei si rifiuta di ascoltarlo, sarà costretto a rivelare al figlio il suo lurido mestiere. Poveraccia si arrende, torna a battere il marciapiede, mentre Ettore, imbrancatosi con gli altri ragazzi del quartiere, i quali sono tutt’altro che quegli stinchi di santo che sperava Mamma Roma, rubacchia e si mette con una sgualdrinella. Ettore viene presto a sapere della professione della madre; per vendicarsene, lascia il lavoro e a poco a poco precipita nel teppismo. Arrestato mentre tenta di rubare una radiolina in un ospedale, finisce in prigione col solito attacco di tubercolosi fulminante. In preda a una crisi di delirio, muore legato sul letto di contenzione invocando la madre. Mamma Roma, che ha seguito sconvolta, e senza capire, le fasi del naufragio del figlio, viene a sapere della morte al mercato. Nel suo grido di dolore c’è la disperazione della creatura calpestata dall’ingiustizia della vita.
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